Ne abbiamo parlato anche questa mattina su Radio Padania libera, anche se si è trattato solo di accenni, dopo la lettura e discussione dei commenti del gruppo di mamme pro-pannolini riutilizzabili che è avvenuta nel post precedente,
Secondo me la questione ha dei lati che vanno valutati uno ad uno.
Abbiamo affrontato quello dell’economicità delle scelte dal punto di vista delle famiglie e abbiamo visto che nulla al momento può battere, come prezzo, i pannolini tradizionali in plastica..
Come pensavo, la nostra pediatra, la dottoressa Anna Petraglia, che conduce con me la rubrica “Confetti di Pediatria” è rimasta leggermente perplessa dall’idea di lavare i pannolini a 30° senza disinfettarli abbondantemente,e mi ha promesso che si informerà meglio, ma ha fatto notare che le nostre nonne dopo aver lavato i patelli in acqua quasi fredda ( perché non avevano altro) li mettevano a mollo in acqua e candeggina per disinfettarli, poi li sciacquavano e quindi li stendevano aspettando anche tre giorni prima di utilizzarli di nuovo. Mi ha anche confermato che un po’ di bicarbonato non basta a distruggere i funghi e i batteri che possono annidarsi nel patello. A quel punto non ho parlato dell’idea di scambiare i pannolini fra bambini che siano o meno fratelli. L’avrei scandalizzata (come mi sono scandalizzata io). Comunque riprenderemo la questione igienica, che mi sembra molto importante, in seguito, quando la nostra Anna ci darà dei ragguagli più precisi.
Laura invece ha detto chiaramente che non ci pensa nemmeno ad usare i patelli riutilizzabili perché ha avuto anche tre dei suoi cinque bambini che usavano il patello contemporaneamente e, arrivando a doverli cambiare anche tre volte al giorno e non avendo lavandaie al suo esclusivo servizio, sarebbe stato un inferno e che vedrà invece di informarsi sui patelli alla polenta ( quelli in miter-bi) perché le sono simpatici.
Quello che invece mi interessa molto chiarire è la questione ecologica e ambientale.
Ne faccio un discorso generale dal punto di vista della gestione del rifiuto da parte dei comuni:
Prendiamo i patelli usa e getta tradizionali e diciamo che, se si fa la raccolta differenziata, pur essendo composti di plastica e sporchi di materiale organico, è necessario metterli nel sacco del rifiuto secco ( o, come lo chiamano alcuni, indifferenziato) perché non si riesce a dividere la parte organica e umida, da quella di plastica.
A Milano, dove non usiamo le discariche ma gli inceneritori, la frazione di rifiuto secca è quella che viene bruciata e meno umido c’è in questo tipo di rifiuto più velocemente si raggiunge nel forno del’inceneritore la temperatura ideale in cui non si produce più diossina. Quindi meno rifiuto umido si trova nel cumulo dell’indifferenziato meno si sporcano i filtri per la diossina e meno costi dovrà affrontare per sostituirli; questi minori costi dovrebbero tradursi in un minore costo per il comune di residenza per lo smaltimento del rifiuto indifferenziato. Ovviamente non è un singolo pannolino che crea la situazione, ma trovare il sistema di diminuire la frazione umida apportata all'inceneritore dall’insieme di tutti i patelli usati dai bambini in una provincia può diventare importante per i costi della gestione dei rifiuti di ogni singolo comune.
I rifiuti organici, fra cui ci sono anche i sacchetti di mater-bi che si usano per la raccolta del rifiuto umido, seguono la strada del Compost. Sono cioè trattati in varie maniere per trasformarsi in modo naturale in “terra da coltura” e “concime”. Questo è il posto giusto per la cacca e la pipi dei bambini, che in questo modo rientrerebbe nel ciclo della natura senza creare inquinamenti diventando oltrettutto utile.
Un Comune che riesce ad aumentare considerevolmente la frazione umida del rifiuto che gestisce rispetto a quella secca, vede diminuire i propri costi e di conseguenza quelli dei cittadini proprio perché il Compost è rivendibile come concime ( lo ripeto: dopo un trattamento).
Considerato il numero di patelli che si possono usare in un Comune, trasformare questa tipologia di rifiuto da secco a umido diventa davvero un “ottimo affare”.
Ed ecco il perché del mio interesse nei confronti dei pannolini in mater-bi di mais ( cioè i patelli alla polenta) altamente biodegradabili.
Da quello che ho capito dai siti internet che se ne occupano, la biodegradabilità di questo genere di pannolini va, al momento, dal 95% al 100%, percentuale che è equiparabile a quella del legno, che in una certa parte tende a fossilizzarsi, invece che a “sciogliersi” nel compost.
La riflessione che invece chiedo alle mamme pro-pannolini riutilizzabili, è sul modo in cui devono essere buttati i pannolini che utilizzano loro. Chiaramente, una volta che non si possono più riutilizzare per i troppi lavaggi e per i troppi riutilizzi questi pannolini vanno buttati nella frazione secca, e quindi inviati all’inceneritore. E vero che non essendo buttati quando contengono parti di materiali umidi non danno problemi di abbassamento della temperatura all’interno del forno (stiamo sempre parlando di grandi numeri), ma è anche vero che non è possibile riutilizzarli fino in fondo come invece succede con quelli usa e getta fatti con il mater-bi.
Mettendo sui piatti della bilancia i costi e i benefici fra pannolini “usa e getta” di mater-bi e pannolini riutilizzabili in plastica e cotone, mi sembra che la bilancia penda ancora molto a favore dei pannolini “usa e getta” di mater-bi, e che ai Comuni converrebbe di più incentivare l’utilizzo dei pannolini biodegradabili piuttosto di quelli riutilizzabili, anche perché l’operazione avrebbe molte più probabilità di riuscita visto che le mamme sono molto più ben disposte nei confronti degli “usa e getta” e si potrebbe intervenire con dei semplici sconti sulla Tarsu o sulla Tia (la tassa che serve ai comuni per pagare lo smaltimento dei rifiuti) tramite il regolamento comunale. Invece, un finanziamento fatto con un capitolo di bilancio ha bisogno di una entrata corrispondente e può essere solo di una grandezza determinata dalla disponibilità del bilancio comunale stesso, quindi potrebbe non essere sufficiente per tutti i richiedenti, se l’iniziativa ha successo.
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